L’infiammazione (o flogosi) è un meccanismo di difesa innato e aspecifico. Tale processo costituisce una risposta protettiva, il cui obiettivo finale è l’eliminazione della causa iniziale di danno cellulare e l’avvio del processo riparativo tissutale. L’infiammazione è una reazione prevalentemente locale e la risposta al danno è data dalle cellule che sono sopravvissute alla sua azione. Il danno può essere provocato da:
- agenti fisici (traumi, calore, radiazioni)
- agenti chimici (acidi e basi forti)
- agenti di natura biologica (batteri, virus e parassiti)
- necrosi
- ipossia
L’infiammazione viene classificata secondo un criterio temporale in infiammazione acuta e infiammazione cronica (che può far seguito all’infiammazione acuta o essere tale fin dall’inizio). Quest’ultima può poi essere distinta secondo un criterio spaziale in diffusa (infiammazione cronica interstiziale) oppure circoscritta (infiammazione cronica granulomatosa).
La risposta comprende una componente vascolare (angioflogosi) ed una componente tissutale (istoflogosi) che si combinano in varie proporzioni a seconda che il processo sia acuto o cronico.
I principali eventi dell’infiammazione acuta sono nel seguente ordine temporale:
- vasodilatazione: determina l’aumento del flusso ematico con conseguente iperemia
- aumento della permeabilità vascolare del microcircolo, con conseguente fuoriuscita della parte liquida del sangue
- formazione di essudato: liquido extravascolare ricco di proteine plasmatiche
- diapedesi: migrazione dei globuli bianchi (leucociti) dal microcircolo al compartimento extracellulare
- Chemiotassi: accumulo di quest’ultimi nella sede del danno in seguito al rilascio di mediatori chimici (citochine)
- fagocitosi: ingestione e distruzione dei microrganismi patogeni e dei detriti cellulari ad opera di particolari leucociti (granulociti neutrofili e macrofagi), a cui segue la risoluzione o cronicizzazione del processo infiammatorio.
L’infiammazione cronica differisce dall’acuta per:
- una durata maggiore (anche anni)
- prevalenza di macrofagi, linfociti e fibroblasti (rispetto ai granulociti neutrofili nella flogosi acuta)
- proliferazione di vasi sanguigni (neoangiogenesi) e fibrosi (tessuto di vascolarizzazione)
I sintomi cardinali della flogosi sono manifestazioni cliniche delle modificazioni tissutali e si presentano nel seguente ordine:
- calor (aumento della temperatura locale dovuto all’aumentata vascolarizzazione)
- tumor (gonfiore determinato dalla formazione dell’essudato)
- rubor (arrossamento legato all’iperemia attiva)
- dolor (indolenzimento provocato dalla compressione e dall’intensa stimolazione delle terminazioni sensitive da parte dell’agente infiammatorio e dei componenti dell’essudato)
- functio lesa (compromissione funzionale della zona colpita)
La sensazione dolorifica a sua volta è regolata da centri del sistema nervoso centrale. La percezione del dolore associata al danno è soggettiva, quindi influenzata dall’ambiente esterno. Inoltre la diversa percezione del dolore può essere dovuta ad un diverso rilascio di endorfine (considerate antidolorifici oppiacei endogeni).
Le principali cellule coinvolte nel processo infiammatorio sono:
- granulociti (basofili, neutrofili ed eosinofili)
- monociti (in circolo) e macrofagi (nei tessuti)
- mastociti
- linfociti (T, B e NK)
- cellule endoteliali
- piastrine e fibroblasti
I mediatori chimici della flogosi sono rappresentati da numerose molecole che scatenano, mantengono ed eventualmente limitano le modificazioni del microcircolo descritte precedentemente. Alcuni di essi sono contenuti in organuli cellulari dai quali vengono rilasciati in seguito a stimoli infiammatori (mediatori preformati), altri vengono sintetizzati e secreti in seguito a stimoli flogistici (mediatori di nuova sintesi) ed altri ancora si formano nel sangue a partire da precursori inattivi. Il sistema nervoso sensitivo, a sua volta, contribuisce ad alcune manifestazioni infiammatorie mediante neuropeptidi (quali ad esempio: sostanza P e neurochinine).
I principali mediatori chimici sono costituiti da:
- citochine (interleuchine, cemochine, linfochine)
- leucotrieni
- neurotrasmettitori (serotonina, istamina)
- fattori della coagulazione
- fattore di attivazione piastrinico (PAF)
- enzimi lisosomiali
- specie reattive dell’ossigeno (ROS) e monossido di azoto (NO)
Risposte di fase acuta: se l’infiammazione è particolarmente intensa o interessa un’area molto estesa di tessuto può verificarsi una risposta sistemica, ovvero che coinvolge l’intero organismo.
- febbre e brividi
- leucocitosi (aumento del numero di globuli bianchi nel sangue)
- astenia e malessere generale
- tachicardia (aumento del battito cardiaco al di sopra dei 90 bpm)
- inappetenza e cachessia (perdita di peso, deperimento)
- aumento di proteine della fase acuta
Gli esiti del processo infiammatorio possono essere di tre tipi:
- La necrosi, causata dalla distruzione cellulare operata dagli enzimi lisosomiali che danneggiano non solo i microrganismi ma anche i tessuti producendo la morte dei tessuti.
- La cronicizzazione, che si instaura quando la reazione flogistica non ha eliminato completamente la causa alla base del processo infiammatorio.
- La guarigione: la parte liquida dell’essudato viene riassorbita mentre i leucociti vanno incontro a morte cellulare programmata dopo aver fagocitato e distrutto gli agenti patogeni.
Non di rado si riscontrano nella pratica clinica casi di infiammazione silente, ovvero un’infiammazione cronica di basso grado che non si accompagna a sintomi in un organo in generale. Talvolta è possibile coglierne la presenza per alterazioni di alcuni parametri negli esami ematochimici. Si possono riscontrare modesti aumenti di PCR (proteina C reattiva), VES (velocità di eritrosedimentazione, fibrinogeno, acido urico, ferritina).
Un fattore chiave nella genesi e nel perpetuarsi dello stato infiammatori è il NF-kB (fattore nucleare-kB). Esso è paragonabile ad una specie di interruttore che deve rimanere spento. Se una qualsiasi causa riesce ad attivarlo, si creano le condizioni per l’insorgenza di numerose patologie come:
- obesità
- patologie cardiovascolari
- diabete
- sindrome metabolica
- gotta
Anche il cibo può essere fonte di infiammazione. Un’alimentazione nella quale prevalgono cibi cotti, trattati chimicamente, ricchi di zuccheri raffinati e acidi grassi saturi porta ad un’alterazione del microbiota del tratto gastrointestinale e ad un peggioramento dello stato infiammatorio.
Un’alimentazione ricca di antiossidanti (omega-3, zinco, selenio, vitamine B12,C, D, E, coenzima Q) contenuti principalmente in frutta e verdura fresca, povera di grassi saturi e a basso indice glicemico gioca un ruolo fondamentale nel ridurre lo stato infiammatorio sistemico. L’effetto benefico di tale dieta entra in sinergia con quello dei farmaci antinfiammatori, della regolare attività fisica e della riduzione del consumo di alcol e sigarette.
Articolo a cura del Dott. Giovanni Cappella