“LA PELLE VUOLE SEMPRE DIRE LA SUA” – L’EVENTO DIGITALE DI APIAFCO SULLA PSORIASI
Lunedì 6 luglio ore 11:30 si terrà la presentazione dei risultati di un’indagine Doxa “Il paziente con psoriasi oggi” e “Carta delle priorità del malato psoriasico” per il miglioramento della qualità di vita e di cura.
“La pelle vuole sempre dire la sua”. È il titolo dell’evento digitale organizzato da APIAFCO (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza), in cui verranno presentati i risultati dell’indagine Doxa “Il paziente con psoriasi oggi” e la “Carta delle priorità del malato psoriasico”, 10 obiettivi da raggiungere costituendo un fronte comune fra i diversi protagonisti interessati all’universo della psoriasi.
Una call to action a medici, rappresentanti delle Istituzioni e operatori del settore, affinché alla patologia venga riconosciuta pari dignità rispetto ad altre malattie autoimmuni rientrando, innanzitutto, nel Piano nazionale delle cronicità.
L’obiettivo. “Per ‘certificare’ quali siano le esigenze disattese del malato psoriasico oggi, ma anche qual è la percezione della patologia da parte degli stakeholder istituzionali, abbiamo ritenuto importante svolgere un’indagine Doxa. Sulla base di questo studio e delle interessanti evidenze emerse – spiega Valeria Corazza, presidente APIAFCO -, abbiamo individuato aree di miglioramento e proposte fattive che vorremmo condividere con rappresentanti istituzionali che abbiano responsabilità e che si siano particolarmente distinti per impegno in ambito sanitario”.
L’evento. Il digital talk, in programma lunedì 6 luglio alle 11.30, potrà essere seguito sia sulla piattaforma Zoom (all’ indirizzo web https://bit.ly/31tNd09) che sulla pagina Facebook della Fondazione Corazza.
Dopo i saluti della presidente Corazza, Giuseppe Venturelli, managing director di Doxa Pharma, illustrerà i risultati dell’indagine “Il paziente con psoriasi oggi”.
La Corazza presenterà poi la “Carta delle priorità del malato psoriasico” sulla quale interverranno le deputate Maria Teresa Baldini (commissione Attività Produttive) e Rossana Boldi (vicepresidente Commissione Affari Sociali), la senatrice Paola Boldrini (Commissione Igiene e Sanità), il governatore Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, Francesco Cusano, presidente ADOI – Associazione Dermatologi Venerologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica, i deputati Vito De Filippo (Commissione Affari Sociali) e Andrea Mandelli (Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione), Ketty Peris, presidente SIDeMaST – Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse, Luigi Tremonte, responsabile nazionale dell’area dermatologica SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie.
Le conclusioni saranno affidate a Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute. A moderare il dibattito sarà il giornalista Fabio Mazzeo.L’evento è organizzato dalla MediArt srl ed è realizzato con il supporto non condizionato di AbbVie.
La sanità digitale diventa popolare
Una cosa è ormai certa: gli italiani hanno toccato con mano le potenzialità della medicina a distanza e sembra siano disposti ad accordare maggiore fiducia alle nuove modalità che permettono di essere curati attraverso gli strumenti dell’innovazione tecnologica.
Pare proprio che il vecchio adagio «la necessità aguzza l’ingegno»pilastro ad esempio dello straordinario primato di Israele nel settore dell’eHealth per stessa ammissione di un esperto come Eyal Zimlichman , vicedirettore generale e Cio (direttore informatico) dello Sheba Medical Center a Tel Aviv cominci a funzionare anche da noi.
L’anteprima dell’ultima ricerca prodotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, in collaborazione con Doxapharma, va esattamente in questa direzione. La ricerca completa «Connected care ed emergenza sanitaria: cosa abbiamo imparato e cosa fare adesso?» sarà presentata l’8 giugno prossimo in occasione del convegno promosso dalla School of Management del Politecnico (dalle 14.30 alle 17, soltanto in streaming previa iscrizione gratuita su www.osservatori.net).
«I cittadini italiani, così come i medici, hanno compreso in questa
fase di emergenza quanto alcune attività possano essere effettuate da remoto», spiegano Chiara Sgarbossa e Emanuele Lettieri, rispettivamente direttore e responsabile scientifico dell’Osservatorio del Politecnico.
«Ora bisogna gestire la Fase 2 e poi il rientro alla normalità pensando a servizi alternativi che siano riconosciuti e rimborsati anche dal Servizio sanitario nazionale». aggiungono.
Dai dati del sondaggio, che ha coinvolto mille persone rappresentative dell’intera popolazione italiana, emerge come mediamente 1 italiano su 5 vorrebbe in futuro servirsi di questi nuovi canali di comunicazione con il medico.
Le percentuali variano in funzione dell’età: per gli under 25 aumenta l’utilizzo di email e WhatsApp rispetto alla media. Per quelli della fascia 35-44 anni, di Skype o di piattaforme di comunicazione; nelle fasce 45-54 e 55-64 anni vanno più di moda i «cari, vecchi Sms, mentre per gli over 65 si riducono tutte le percentuali di interesse futuro.
Lo stesso vale per gli strumenti di telemedicina: circa 1 cittadino su
3 ha dichiarato che in prospettiva vorrebbe servirsene, con sfumature diverse a seconda della fasce d’età. Gli anni contano anche per quanto riguarda i motivi di chi invece non è interessato: il 59% preferisce il contatto fisico (72% nella fascia 45-54) e in secondo luogo mancano le competenze, soprattutto tra gli over 65 (dove la percentuale cresce dal 19% al 40%).
E adesso? «Nel momento in cui si potrà tornare fisicamente dal medico, dovrà essere offerta ai pazienti anche la possibilità di essere visitati da casa e questo consentirà loro di risparmiare tempo e denaro. Intendiamoci, la tele-visita non è la panacea per qualsiasi tipo di prestazione e nemmeno per tutte le tipologie di pazienti.
«Ma ora siamo più consapevoli del ruolo rilevante che può giocare
nel garantire la continuità di cura al paziente, soprattutto cronico. È
un’occasione unica. Non avrebbe senso tornare indietro e dimenticare ciò che abbiamo imparato», concludono Sgarbossa e Lettieri.
Apiafco: possibile la didattica a distanza per gli studenti più fragili
Accolto l’appello dell’Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione
Corazza (APIAFCO) con l’approvazione dell’emendamento all’articolo 2 comma 1 del “Decreto Scuola” che consentirà agli studenti con patologie gravi o immunodepressi di poter seguire la programmazione scolastica avvalendosi anche eventualmente della didattica a distanza.
Tale emendamento è stato portato avanti da membri della 7a Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica,
spettacolo e sport), è stato approvato durante la seduta della Camera dei Deputati del 6 giugno 2020. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria da Covid-19, APIAFCO aveva lanciato un appello per esprimere preoccupazione per gli studenti più fragili per i quali non era stata prevista una specifica tutela in previsione della futura riapertura delle scuole e delle Università.
“Si tratta di un’ottima notizia. Le Istituzioni hanno dimostrato grande sensibilità nell’ascoltare la voce di chi rappresenta le fasce più deboli della popolazione.
In un futuro ritorno alla normalità, grazie all’approvazione di questo emendamento nessuno studente verrà lasciato indietro: poter scegliere di seguire lo svolgimento dell’attività scolastica o universitaria nella sicurezza della propria abitazione, garantirà protezione a coloro che corrono maggiori rischi di salute.
Con il nostro appello abbiamo voluto ribadire la nostra volontà di stare al fianco di chi soffre di psoriasi e dei loro familiari, affinché si sentano difesi e supportati nell’affrontare le varie problematiche legate alla patologia in tutti gli aspetti della loro vita quotidiana”.
Valeria Corazza, presidente APIAFCO
Rassegna stampa: Sanità24
AIFA proroga i piani terapeutici
L’Agenzia Italiana del Farmaco ha disposto la proroga dei piani terapeutici (web-based o cartacei), la loro validità è stata estesa fino al 31 di Agosto.
Nel link in basso puoi leggere il comunicato ufficiale, diffuso sul sito di AIFA:
Covid-19, mercoledì webinar ALTEMS Università Cattolica con le associazioni dei pazienti: messaggi per il futuro del Servizio Sanitario nazionale
Mercoledì 3 giugno, ore 16.00, la presentazione online dei risultati dell’indagine nazionale del Patient Advocacy Lab dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Servizi sanitari della Cattolica sull’impegno e il ruolo delle associazioni di pazienti durante l’emergenza sanitaria.
Interverranno Sandra Zampa, sottosegretario al Ministero della Salute, Domenico Mantoan, presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), Renato Botti, Direzione generale Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio.
Roma, 1 giugno 2020 – Sportelli di autoaiuto online, teleconsulti, webinar con gli esperti, raccolta fondi e acquisti agevolati per i presidi sanitari, consegna mascherine e terapie domiciliari, informazione on line contro fake news e timori, webinar di formazione, lezioni di yoga, consigli nutrizionali e supporto psicologico, insieme a molti interventi istituzionali, ossia azioni di advocacy rivolte alle istituzioni o in collaborazione con esse, che hanno portato ad atti normativi a favore dei pazienti, decreti, ordinanze, delibere.
Queste sono solo alcune delle 102 iniziative realizzate da 45 associazioni dei pazienti che nei mesi di marzo e aprile, in piena pandemia da Coronavirus, hanno partecipato all’indagine condotta dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica, attraverso il Patient Advocacy Lab (PAL), laboratorio dedicato alle associazioni pazienti. I risultati dell’indagine verranno presentati mercoledì 3 giugno alle ore 16.00 nel webinar dal titolo “Covid-19, iniziative e messaggi per il futuro del SSN dalle associazioni dei pazienti” che potrà essere seguito on line mediante il sito Internet del campus di Roma dell’Ateneo: https://roma.unicatt.it/.
L’incontro sarà aperto da Teresa Petrangolini¸ direttrice del Patient Advocacy Lab dell’ALTEMS, e introdotto da Americo Cicchetti, direttore dell’ALTEMS.
Interverranno Sandra Zampa, sottosegretario al Ministero della Salute, Domenico Mantoan, presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), Renato Botti, Direzione generale Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio.
Modera Nicola Cerbino¸ capo Ufficio stampa dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.
Obiettivo dell’indagine è stato conoscere le attività di advocacy promosse dalle associazioni di pazienti durante l’emergenza Covid-19: le associazioni si sono mobilitate per l’emergenza? quali tipi di azione hanno intrapreso e la loro prevalenza? Quali aree patologiche sono più attive? Ne è nato un quadro variegato e ricco, costruito attraverso la consultazione dei siti web ufficiali delle associazioni che collaborano con il Patient Advocacy Lab (PAL) e grazie alla realizzazione di interviste semi-strutturate con membri delle strutture di governo delle stesse associazioni.
L’area patologica maggiormente rappresentata è quella delle malattie rare (20%), seguita dall’ambito oncologico (18%) e neurologico (13%). Accanto a esse, sono a ogni modo rappresentate numerose altre aree patologiche, a dimostrazione di un impegno generalizzato nel mondo dell’associazionismo. Ogni associazione ha in media condotto 2 azioni anti Covid-19, di cui il 52% riguardano il potenziamento di attività/servizi già erogati prima dell’emergenza, mentre il restante 48% sono servizi nuovi, attivati per far fronte allo stato emergenziale del momento. La maggioranza delle attività (42%) riguardano gli “Interventi istituzionali” presso le autorità sanitarie. A seguire si collocano l’attivazione di web conference e le attività di comunicazione con e per i pazienti. Segue per ampiezza la digitalizzazione dei servizi offerti. A parità di implementazione le attività di realizzazione e consegna mascherine e DPI, e la redazione di documenti di sintesi dei provvedimenti governativi. La formazione a distanza e la raccolta dati completano il quadro, seppure implementate con pochissima frequenza.
Quello che emerge dall’indagine è la varietà delle azioni, con la fantasia e l’innovatività delle iniziative, facilitate da un uso molto diffuso degli strumenti digitali. Forte è stato lo spirito di collaborazione con le istituzioni e delle istituzioni, con un maggior ascolto da parte di quest’ultime delle esigenze dei pazienti, così come le alleanze e il networking tra le associazioni per promuovere azioni comuni. Molti sono i messaggi per il futuro dell’assistenza sanitaria: semplificazione delle procedure, vicinanza e territorio, informazione capillare e personalizzata.
Nel commentare i dati, Americo Cicchetti, direttore dell’ALTEMS ha dichiarato: “E’ evidente come il ruolo delle associazioni si sia rivelato essenziale in questa emergenza e come il nuovo sistema di governance del Servizio Sanitario Nazionale all’indomani del Covid-19 non possa prescindere da meccanismi di integrazione e rappresentanza capaci dare voce a tale soggetto, che esprime, assieme a un punto di vista, anche un bagaglio di competenze e capacità progettuali utili al rinnovamento del modo di fare sanità in Italia”. “Abbiamo voluto raccogliere le testimonianze delle associazioni, offrendo un panorama di un attivismo appassionato e preparato – ha commentato Teresa Petrangolini, direttrice del Patient Advocacy Lab di ALTEMS -. Con il PAL vogliamo svolgere una funzione di counseling e di supporto finalizzata alla crescita di questo mondo associativo, perché il loro operato non sia dimenticato alla fine dell’emergenza, ma possa costituire una comunità di buone pratiche da alimentare, arricchire e far crescere anche in futuro, a beneficio di tutti, cittadini, amministrazioni, operatori sanitari, esponenti politici, aziende private”.
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Quando l'isolamento diventa un rifugio che non si vuole lasciare
Prima i canti baldanzosi sui terrazzi, poi la valanga di meme ironici sui social, un occhio sempre allo schermo del PC e l’altro alla torta in forno.
Piccole strategie di sopravvivenza che hanno contribuito ad allentare la tensione e affrontare questi due mesi di quarantena. Ma ora che finalmente il conto alla rovescia è iniziato e si intravedono piccoli bagliori di normalità cosa succede? Sottotraccia balena un pensiero difficile da ammettere: quasi quasi non esco più.
L’isolamento trasformato in comfort zone. Connessi e contenti. Non è cosi raro sentire persone che si sono adattate fin troppo bene alla reclusione domestica al punto che ora temono il momento di uscire. Come mai?
Le persone e le famiglie che hanno un funzionamento psicologico più stabile tendono ad adattarsi con maggiore facilità a situazioni nuove così hanno trovato, in modo adattativo, una nuova routine più intima, casalinga, al riparo da tanti impegni e pressioni quotidiane. Altri ci si sono invece, per così dire, “rifugiati” sottraendosi a una vita faticosa che subivano magari senza accorgersene. Sono questi ultimi più probabilmente quelli che ora hanno l’impressione di non essere più in grado di riprendere i ritmi della vita pre-quarantena.
Valentina Di Mattei, psicologa clinica dell’Ospedale San Raffaele e professore associato dell’Università Vita Salute del San Raffaele di Milano
L’esperienza che abbiamo vissuto è sicuramente inedita, può rendercela in qualche modo più “familiare” avvicinarla a situazioni più comuni come la malattia e la convalescenza.
La fase 2 assomiglia alla convalescenza e come tale va affrontata per gradi perché all’inizio si è meno vigorosi e non si può pensare di ributtarsi nella quotidianità contando sulle forze abituali. Stare molto in casa indebolisce corpo e psiche anche se non si è stati realmente malati.
Valentina Di Mattei, psicologa clinica
L’isolamento ha anche avuto un effetto tsunami su due categorie essenziali per il funzionamento psichico: lo spazio e il tempo. Lo abbiamo sperimentato tutti: è bastata una settimana di lockdown per farci avvertire come remote le abitudini di soli pochi giorni prima. Alla contrapposizione del prima-dopo si aggiunge quella del fuori-dentro, importanti nella riflessione, come gli aspetti per così dire “binari” delle personalità: introversione ed estroversione.
I soggetti caratterizzati dalla prima tendono alla solitudine, alla riflessione e all’introspezione, coltivano meno legami ma in modo più approfondito. Dall’isolamento traggono energia e creatività. Gli estroversi invece si nutrono di stimoli molteplici provenienti dall’ambiente esterno e di relazioni diversificate, privati di questi elementi perdono motivazione e si “spengono”. Questo è uno degli aspetti del funzionamento psicologico che spiega perché, a parità di situazione a cui si è esposti, alcuni la vivono come una liberazione e altri come una prigione. Insieme a queste inclinazioni di base ci sono poi situazioni di disagio di fondo, magari prima ben compensate dal contesto: pensiamo a una personalità con elementi narcisistici lievi che si è vista sottrarre improvvisamente reali o presunte fonti di gratificazione e ammirazione; oppure a tratti di personalità dipendente che si sono trovati senza l’abituale “porto sicuro” affettivo.
Valentina Di Mattei, psicologa clinica
Impegni ridotti al minimo, molto tempo per assecondare gli interessi e nessun senso di colpa per le ore passate davanti alla tv: non è difficile riconoscere nella parentesi-quarantena una specie di “adolescenza prolungata” con la vita vera degli impegni rimandata a “dopo”.
Questo può aver conquistato i riluttanti all’uscita?
È un tempo sospeso, per alcuni versi simile all’adolescenza, in equilibrio tra l’infanzia e l’età adulta. La sospensione riguarda anche obblighi e responsabilità, per questo ha un suo fascino che la mantiene desiderabile nei suoi elementi di regressione. Non bisogna dimenticare però che per alcuni è stato anche un tempo di riscoperte positive, di legami familiari vissuti più pienamente, di case abitate, di oggetti ritrovati, come per esempio i vecchi album di fotografie. Sono pezzi della propria identità che nella freneticità della vita precedente alla quarantena non trovavano spazio. Ora è difficile ributtarsi nella corrente, abbandonando questi aspetti.
Valentina Di Mattei, psicologa clinica
Comprensibile, ma forse non abbastanza per ribaltare, come capita a qualcuno, scelte che sembravano imminenti, come andare a convivere o cambiare casa.
Se la quarantena ha rappresentato una frenata improvvisa è normale che gli oggetti più instabili cadano e che si mettano in discussione equilibri e programmi. Per chi ha avuto le risorse per farlo è stato quasi un periodo di “esame di coscienza”. Non sarà un caso se anche i ritiri di silenzio e discernimento delle tradizioni spirituali si modulano su quaranta giorni, una quarantena, appunto.
Valentina Di Mattei, psicologa clinica
Articolo tratto da “Il Corriere della Sera” a cura di Monica Virgili
Biosimilari: i dubbi delle associazioni di pazienti sui cambi di terapia
“No” ai continui cambi di terapia e “sì” a una comunicazione più efficace tra medico e pazienti. Motivo del contendere sono i farmaci biosimilari. Il monito, invece, è di cinque associazioni di pazienti, che rappresentano 4,2 milioni di italiani con malattia immunologiche croniche. Queste le sigle: Amici onlus (Associazione nazionale malattie infiammatorie croniche intestino), Amrer (malati reumatici Emilia-Romagna), Anmar (Associazione nazionale malati reumatici), Apiafco (Associazione psoriasici amici della Fondazione Corazza) e Apmarr (Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare).
La posizione sui biosimilari
Le cinque organizzazioni hanno sottoscritto un “documento di consenso” per lanciare un messaggio alle istituzioni: “Il continuo cambio di trattamento da un farmaco biosimilare a un altro, il cosiddetto “switch multiplo”, potrebbe – affermano le associazioni in un comunicato – ridurre l’aderenza alla terapia, oltre a esporre il paziente a possibili rischi dovuti all’impossibilità di raccogliere dati a medio-lungo termine, e va pertanto riconsiderata la proposta di sostituibilità automatica tra questi farmaci avanzata da Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, per razionalizzare la spesa farmaceutica del Servizio sanitario nazionale (Ssn)”. La proposta Aifa risale all’autunno scorso.
Questi gli altri punti chiave del documento: “Una maggiore e più uniforme comunicazione per valorizzare il concetto di biosimilare e aumentare l’aderenza; informazione e sensibilizzazione sulla sostenibilità del servizio sanitario e sul valore del farmaco; il reinvestimento delle risorse per migliorare l’accesso alle cure; l’uniformità territoriale della disponibilità dei farmaci; l’inclusione delle associazioni pazienti nei tavoli istituzionali”.
L’indagine
All’origine del documento c’è un’indagine su un campione di 1.330 pazienti (di cui il 42% in trattamento con biosimilari), realizzata con il contributo incondizionato di Amgen. Secondo i risultati, “il 77% del campione in cura con biosimilari ha già fatto uno switch al secondo trattamento, prescritto nel 29% dei casi per motivi economici, nel 25% per ragioni cliniche, nell’11% per ragioni organizzative”. Il 48% ha dichiarato di “aver ricevuto spiegazioni inadeguate/insufficienti sui motivi dello switch e tra questi la maggior parte ha ricevuto il biosimilare per motivi di risparmio”. Il 18% del campione ha fatto uno “switch multiplo” e le spiegazioni fornite “sono analoghe a quelle dello switch da biologico a biosimilare”.
La comunicazione
Il documento pone poi l’accento sulla comunicazione: “è importante – si legge nella nota delle associazioni – che vengano valorizzate, nel dialogo con il medico, le informazioni sui biosimilari in termini di efficacia e sicurezza e non solo l’impatto che possono avere sul risparmio per il Ssn. Le associazioni pazienti concordano sul fatto che la comunicazione fatta al medico e al paziente sui biosimilari non sia uniforme e che vengano pertanto trasferiti messaggi diversi. C’è un problema di uniformità – sottolineano le associazioni – ma anche di qualità dell’informazione disponibile al medico e al paziente: in particolare il medico, per motivi di diversa natura, organizzativi, strutturali e di risorse, non è mai in grado di dedicare un tempo adeguato per comunicare al paziente tutte le informazioni che – concludono le associazioni – sarebbe utile fossero a disposizione del paziente stesso”.
Sensibilizzare i giovani alla malattia: nasce il progetto "Fattore J"
Fondazione Mondo Digitale in collaborazione con Janssen Italia ha fatto partire un progetto molto interessante che riguarda la fascia di ragazzi in età adolescenziale, tra 14 e 18 anni, per sensibilizzarli ed educarli verso una situazione complessa come può essere quella del malato. L’obiettivo è quello di formare le nuove generazioni verso una maggiore consapevolezza sulla malattia in generale, cosicché possano gestirla e affrontarla nel modo più efficace possibile.
Molte sono le attività che i ragazzi delle scuole svolgeranno durante questa iniziativa, tra cui corsi di formazione online ed eventi locali in cui parteciperanno esperti e membri di varie associazioni pazienti.
Vuoi saperne di più sul progetto? A questo link puoi leggere in dettaglio di cosa si tratta. In basso puoi vedere il video presentazione del progetto e leggere comunicato stampa dell’evento. Buona visione.
Comunicato stampa evento 8 Maggio 2020
Nasce “Dermatologicamente”, progetto di supporto psicologico per pazienti psoriasici
È con grande piacere che vi presentiamo il progetto “DermatologicaMente“, un servizio di supporto psicologico gratuito rivolto a persone con patologie dermatologiche croniche (quali la psoriasi) realizzato in collaborazione con GPL – Giovani Psicologi Lombardia.
DermatologicaMente, attivo su tutto il territorio nazionale, vuole offrire un aiuto concreto e professionale a coloro che vivono già normalmente un disagio psicologico provocato dalla patologia ma che in questo momento non possono neanche contare sull’incontro con il proprio specialista, fondamentale nell’affrontare il peso di una malattia dermatologica cronica, come la psoriasi.
“In questo periodo di emergenza Coronavirus – afferma Valeria Corazza, Presidente APIAFCO – non potevamo ignorare la fragilità emotiva dei pazienti con patologie dermatologiche croniche come la psoriasi: chi vive con questa patologia ha una scarsa autostima e viene sopraffatto da sentimenti di insicurezza e/o rabbia che, in questo momento, possono acuirsi perché si sente abbandonato. Ecco perché il focus di questo progetto è sull’aspetto psicologico della malattia, a cui si deve prestare una particolare attenzione, la stessa che si riserva alla psoriasi”.
Per accedere alla piattaforma di consulenza e prenotare un colloquio, collegati cliccando QUI
Il progetto è stato realizzato grazie al contributo non condizionato di Leo Pharma Italia.
L’incontro: «Diventare mamma con una malattia autoimmune»
Venerdì 8 maggio alle ore 16, collegandosi a Corriere.it si potrà assistere all’incontro in streaming video «Diventare mamma con una malattia autoimmune».
Parteciperanno: Clara De Simone, U.O.C. di Dermatologia al Policlinico “A. Gemelli” IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; Angela Tincani, U.O. Reumatologia e Immunologia Clinica della ASST Spedali Civili di Brescia, Università degli Studi di Brescia; Antonella Celano, Presidente APMARR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare); Valeria Corazza, Presidente APIAFCO (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza); Silvia Tonolo, Presidente ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici).
Leggi QUI l’articolo completo.