L'acqua: quanta ne dovremo bere?
L’acqua è alla base della piramide alimentare. Qual è la quantità giornaliera consigliata da bere?
Dal libro: “Acque minerali italiane” del Prof. Alessandro Zanasi
Sì, l’acqua rappresenta dal 45% al 99% della massa di qualunque essere sulla terra. Nell’uomo varia con l’età: nel neonato la quota è del 75/80% che scende al 40/50% nella persona anziana.
Il primo segnale di invecchiamento è proprio la graduale perdita di acqua nei tessuti. L’uomo necessita di 8 -10 bicchieri di acqua al giorno (1,500/2 litri) e varia da uomo a donna, dal clima, dallo stile di vita, dall’età e dall’alimentazione. Troppo spesso siamo portati a trascurare il ruolo dell’acqua:
È basilare il mantenimento del nostro bilancio idrico (liquidi in entrata e quelli in uscita):
ENTRATE | Quantità d’acqua |
Alimenti | 500-700 ml |
Bevande | 800-1500 ml |
Acqua metabolica | 350 ml |
USCITE | Quantità d’acqua |
Respirazione e perspiratio | 1250 ml |
Urine | 800-1500 ml |
Feci | 100-150 ml |
Un organismo disidratato non suda causando un notevole surriscaldamento organico e riducendo il volume ematico:
POSSIBILE CONSEGUENZE DOVUTE ALLA DISIDRATAZIONE | Riduzione % di acqua |
Insorgenza del senso di sete | 0,5% |
Stanchezza, cefalea, difficoltà di concentrazione | 2-5% |
Crampi muscolari, vertigini, tachicardia | 5% |
Allucinazione, perdita di coscienza, astenia marcata | 7-10% |
Coma e pericolo di vita | oltre 20% |
Le acque destinate all’alimentazione erano quelle dell’acquedotto e quella minerale in bottiglia, ora possiamo trovare:
Ma esiste un’acqua minerale migliore di tutte le altre?
Sicuramente no, ma esiste quella più adatta alle nostre esigenze o quella che ci piace perché soddisfa il nostro gusto.
L’acqua è parte integrante della nostra dieta alimentare, non solo come elemento indispensabile per il buon funzionamento dell’organismo ma anche perché è in grado di contribuire al fabbisogno dei minerali quali nutrimento.
Consigliate le acque medio minerali (500-1.500 di residuo fisso), le acque ricche di calcio, magnesio e solfati, acque regionali.
Evitate le acque ricche in CO2, controllate la scadenza (almeno 15 mesi) e preferite i contenitori di vetro.
Bere anche quando non si ha sete, ma bere poco durante i pasti.
Per approfondimenti: www.bereacqua.org
Scoperto un nuovo organo sotto la pelle
Grazie a nuove tecniche d’indagine si è scoperto l’interstitium, sotto la pelle e le mucose, fatto di canali pieni di fluido. Ora resta da capire bene a cosa serva.
Possibile che, a 500 anni dai primi accurati disegni del corpo umano di Leonardo da Vinci,ci siano ancora organi da scoprire? Per il professore di patologia Neil Theise, della “New York University”, ci era addirittura sfuggito uno degli organi più grandi del nostro corpo. «Lo abbiamo chiamato interstitium ed è costituito dal tessuto connettivo, cioè lo strato che fa aderire la pelle ai muscoli o le mucose agli organi interni»dice Thiese. «Si pensava che il connettivo fosse costituito da una matrice compatta di collagene e altre proteine fibrose, prodotte da cellule specializzate. Abbiamo scoperto che, in realtà, è percorso da una fitta rete di canali pieni di liquido,la cui funzione è tutta da capire.»
Il perché nessuno se ne sia accorto prima si spiega facilmente: per esaminare al microscopio i tessuti i ricercatori li disidratano per conservarli e questo fa collassare i canali del connettivo, larghi circa 20 millesimi di millimetro, rendendoli irriconoscibili.«Li abbiamo notati solo ora grazie alla endomicroscopia laser confocale, che consente di esaminare tessuti viventi mentre stanno funzionando. Applicando questa tecnica per vedere l’estensione del tumore ai dotti biliari di un paziente, i chirurghi David Carr-Locke e Petros Benias, del “Beth Israel Medical Center”, hanno notato per primi i canali del connettivo e, in seguito, li abbiamo individuati sotto tutti i tessuti di rivestimento del corpo umano, il che fa dell’interstitium uno degli organi più vasti.» Così vasto da risolvere anche il mistero di dove fosse un terzo dei circa 40 litri di acqua che costituiscono il nostro peso, visto che le cellule ne contengono circa la metà e sangue e linfa solo un altro 15 per cento: il 35 per cento mancante gonfia l’interstitium.
«Questo ‘cuscino liquido’ ha probabilmente come prima funzione quella di ammortizzare gli urti sugli organi interni, ma potrebbe avere compiti di trasporto delle sostanze nutritive, oppure una parte nelle reazioni immunitarie, visto che l’interno dei condotti è tappezzato di cellule mesenchimali, che formano cicatrici in presenza di infiammazione. Potrebbe persino condurre correnti elettriche, e spiegare così l’efficacia dell’agopuntura» conclude Thiese, che ha un forte interesse nelle medicine tradizionali.
«Si tratta in effetti di una scoperta che può avere notevoli ricadute mediche»conferma Giorgio Iervasi, direttore dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa.«Questa rete di canali, per esempio, può spiegare perché i tumori che invadono l’interstizio risultino molto pericolosi: forse le cellule tumorali si spostano lungo i canali, creando metastasi. E l’interstizio potrebbe avere anche un ruolo in malattie e nell’invecchiamento della pelle. Ma, per capirlo, dovremo individuare le funzioni di questo nuovo organo e capire che cosa circoli nei suoi canali: solo così potremo vedere come si alteri in caso di malattie e se possa servire come mezzo di diagnostico e di somministrazione di terapie.»
Articolo a cura di Alex Saragosa tratto da “Il Venerdì” della Repubblica del 20 Aprile 2018
L’intestino, il nostro secondo cervello
Oltre all’alimentazione occorre curare l’intestino, ritenuto colpevole di ogni male, soprattutto di patologie infiammatorie e autoimmuni come la psoriasi.
Negli ultimi anni, continuando a studiare i meccanismi con cui funziona il nostro corpo, si è arrivati a capire che il ruolo dell’intestino nell’organismo umano è molto più importante di quanto inizialmente si pensava (era considerato una struttura periferica atta a svolgere funzioni marginali).
Ecco che allora si sente sempre più spesso parlare di questo organo come di un secondo cervello.
“Basti pensare che l’intestino, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. Insomma, l’intestino è la sede di un secondo cervello vero e proprio. E non a caso le cellule dell’intestino – spiega l’esperto americano – producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere.”
Michael D. Gershon, scrittore del bestseller “Il secondo cervello”
Negli ultimi anni le ricerche scientifiche hanno capito che il ruolo del microbiota intestinale (la flora batterica intestinale) è di fondamentale importanza per la nostra salute perché si occupa di diverse cose:
- regola la digestione dei cibi e l’assorbimento dei nutrienti fondamentali
- difende dagli agenti patogeni
- produce ormoni
- è costantemente in contatto con il sistema nervoso centrale
La chiave di stress, ansia e tensione è nella pancia. La verità è che la nutrizione influenza il nostro pensiero e la nostra mente inconscia in maniera determinante, oltre a mostrare un collegamento diretto con lo sviluppo di quasi tutte le malattie.
Una persona normale nel corso della sua vita accumula residui tossici e scorie che normalmente vengono eliminati attraverso reni, polmoni, intestino quindi un suo malfunzionamento o blocco è nocivo per il benessere e occorre una costante pulizia interna.
Per approfondire sul tema dell’alimentazione ti consiglio di dare un occhiata a questo articolo.
Fondazione Corazza e Terme di Cervia insieme
Da qualche settimana abbiamo stipulato una nuova convenzione. Per i nostri associati sarà possibile accedere alle promozioni delle Terme di Cervia.
Da sessant’anni le Terme di Cervia credono nella natura, nelle persone e nella ricerca. Questo stabilimento apre le sue porte a chi desidera sperimentare l’azione benefica della natura, associata ai trattamenti proposti: bagni, fanghi, massoterapia, inalazioni. Un luogo “liminale”, di confine e trasformazione alchemica, dove si entra per accedere ad un livello di benessere superiore e perseguire un percorso di cure e rigenerazione.
I benefici dell’Acqua Madre e dei fanghi delle Terme di Cervia sono attestati da ricerche e studi e il loro ruolo terapeutico nella cura e nella riabilitazione di numerose patologie è riconosciuto dal Ministero della Salute.
La ricerca medica continua a studiare e a confermare il potere benefico e di cura delle inalazioni, dei bagni,dei fanghi, e in generale delle proposte che costituiscono l’offerta dello stabilimento.
Terme di Cervia si distingue inoltre nel panorama termale italiano, per la ricerca condotta nella sperimentazione della cura per la psoriasi che ha dato ottimi risultati di comprovata efficacia.
Sotto la lista di tutti le promozioni disponibili per gli associati.
- Accesso preferenziale di prenotazione alla visita medica di ammissione alle cure al numero verde 800237842
- Con impegnativa medica che riporta la diagnosi di artrite psoriasica, pagamento del solo ticket sanitario, la cura prevede 12 giorni di trattamento di fango balneoterapia in apposito solarium senza bisogno di prenotazione e con la possibilità di sostare beneficiando dell’esposizione solare. Omaggio del supplemento ozono in vasca. Per chi termina i 12 giorni previsti dal ciclo di cura con SSN possibilità di aggiungere la terza settimana di cura, come previsto dal nostro protocollo di studio a € 120.00 per 6 giorni.
- Controllo dermatologico gratuito durante il ciclo di cura in convenzione.
- Sconto del 20 % sulla linea dei prodotti dermatologici Liman Termae formulati in esclusiva per
Terme di Cervia composta da: un olio detergente ozonizzato, una crema corpo emolliente iperidratante, un fango corpo lenitivo e uno shampoo decongestionante a € 74.00 - Singolo ingresso al percorso termale –grande vasca coperta di acqua termale- percorso vascolare- idromassaggio esterno-libera partecipazione ai corsi di acqua gym a € 15.00
Sostieni la fototerapia a domicilio
Il progetto
La fototerapia è un trattamento utilizzato per la cura di psoriasi e vitiligine, viene erogato in ospedale ma per ragioni legate agli orari delle strutture, alla capacità motoria compromessa dalla malattia, esigenze di lavoro o alla distanza dalle strutture, diventa inaccessibile per molti pazienti privandoli così di un eccellente trattamento terapeutico.
Nel contesto di operare al servizio e al sostegno del paziente con psoriasi e nel tentativo di rispondere ad una problematica sociale, la Fondazione ha attivato il primo servizio in Italia di fototerapia domiciliare per quei pazienti che non possono recarsi in ospedale, colmando un gap ventennale rispetto a Stati Uniti, Gran Bretagna e Olanda dove invece la fototerapia a domicilio è praticata da diversi anni.
Con il supporto della Fondazione e l’assistenza dei fornitori, i pazienti possono noleggiare le attrezzature ed eseguire il trattamento direttamente al proprio domicilio. La Fondazione sostiene i costi di noleggio, il fornitore invece ha la responsabilità della gestione della logistica, la consegna e il ritiro a domicilio dei macchinari, la revisione e manutenzione per il corretto funzionamento e l’accertamento delle condizioni di sicurezza presenti al domicilio del paziente prima che venga attivato il servizio.
La presa in carico del paziente è possibile solo con la collaborazione del reparto di Dermatologia dell’Azienda Ospedaliera Policlinico Sant’Orsola che tramite i propri specialisti seleziona i pazienti per i quali è indicato il trattamento.
Grazie alla collaborazione con Banca Prossima – banca del Gruppo Intesa San Paolo dedicata alla comunità non profit – è stato possibile sostenere il progetto sul portale www.terzovalore.com fino al 30 giugno 2018.
Il servizio rimane attivo e puoi continuare a sostenere il progetto facendo una donazione tramite bonifico al Conto Corrente IT83O0335901600100000149448 oppure online indicando come causale “fototerapia a domicilio”.
Fake news e bufale da sfatare sul cibo
«Siamo in grado di misurare scientificamente l’impatto del web e dei social nella diffusione di certe bufale alimentari in rete. I risultati sono tremendi. Ma spiazzante è anche il fatto che la classe scientifica e gli operatori della salute non siano ancora in grado di utilizzare i medesimi strumenti per raggiungere la stessa platea di chi diffonde il falso».
Non usa mezzi termini Silvana Hrelia, docente di biochimica al Dipartimento di Qualità della vita dell’Alma Mater di Bologna, in trincea da anni contro le fake news sul cibo e le diete.
Hrelia, spesso anche il linguaggio delle bufale è scientifico. Come riconoscere i falsi?
«Diffidando da chi propone ricette imbattibili, soluzioni facili, tempi brevi, minimo sforzo. Non esiste una dieta uguale per tutti. Poi c’è che ti dice: per star bene basta eliminare questo, ad esempio il glutine. Falso.
Non esistono i celiaci?
«Certo che sì. Ma la gran parte dei consumatori abituali di prodotti gluten free sono persone che si autoproclamano sensibili al glutine, patologia che non esiste. Semmai si può esseri sensibili ai Fodmap, elementi che troviamo nei cereali ma anche in altri cibi. Perciò per eliminare il glutine, che è solo parte del problema, acquistano prodotti più cari e pieni di sostanze chimiche aggiunte per sopperire all’assenza di glutine, e in più rinunciano alle sostanze preziose contenute nei cereali».
Non tutti i cereali sono cattivi. Prenda il Kamut.
«Un’ottima idea del dottor Bob Quinn, che ha preso un tipo di grano iraniano, il Corasan, del genere Triticum a cui appartengono anche gli altri nostri grani, e lo ha impiantato in Montana, brevettandone i semi. E’ un grano, biologico e gustoso. Ma non è certo diverso dagli altri».
E il sale rosa dell’Himalaya, è un toccasana?
«Bello da vedere, per via del colore, indice della presenza di ferro. La quantità di ferro contenuta è però del tutto ininfluente. Se hai carenze di ferro occorrono integratori o carne rossa».
Carne rossa? Ma scherza?
«Chiariamo anche questo punto. Una ricerca ha stabilito che il consumo smodato di carni rosse e soprattutto insaccati fa scattare un campanello d’allarme per l’insorgenza di tumori nei soggetti già a rischio. La stessa ricerca dice che il consumo fino a 500 grammi a settimana fa parte di una dieta equilibrata. Se poi mangi una fiorentina al giorno sì, ti fa male».
E l’olio di palma?
«Un altro cortocircuito. L’incremento dei rischi di cui si parla è collegato al consumo di dosi smodate e per periodi prolungati. Ma dovremmo ingerirne quantità impensabili».
La crociata ha però spinto tutte le aziende a sostituirlo.
«Così possiamo continuare a far mangiare ai nostri figli merendine e biscotti, quando è proprio il consumo smodato di questi prodotti, e non l’olio di palma, il vero fattore di rischio per la salute. In più, per eliminare l’olio di palma, sono state inserite altre sostanze di certo non più salutari».
Alcuni yogurt liquidi ci curano davvero dal colesterolo?
«I fitosteroli con cui sono arricchiti quei prodotti riducono il colesterolo nel sangue, perché ne contrastano l’assorbimento. Ma non è certo una cura. In più i fitosteroli limitano l’assorbimento anche delle vitamine liposolubili: a lungo andare potremmo non avere fatto un buon affare».
E’ più sano lo zucchero di canna?
«E’ saccarosio grezzo, e non esistono evidenze sul fatto che il processo di raffinazione faccia male».
Meglio mangiare integrale?
«Finalmente una notizia vera. E in più la farina raffinata agisce maggiormente sul nostro indice glicemico: il diabete è la pandemia della nostra epoca».
Mangiare verdure crude è un toccasana?
«Vero per alcune, che da crude conservano meglio le loro caratteristiche nutrizionali. Ma i pomodori sono ricchi di licopene, un carotenoide importantissimo, che da crudo non assimiliamo».
Sempre meglio informarsi.
«C’è un libretto del Ministero della Sanità che smaschera in modo facile ed efficace 150 falsi miti su molti argomenti».
Intervista a cura di Simone Arminio, tratto da “Il Resto del Carlino” del 28 Maggio 2018.
Per approfondire sul tema dell’alimentazione puoi ascoltare l’intervento della Professoressa Silvana Hrelia presso il convegno “Come il cibo ci modifica“, cliccando qui.
Come curare la psoriasi - Nuovi approcci terapeutici
«C’è un sottobosco di persone che non si cura o magari si cura male perché non si affida a medici specialisti.Ed invece occorre rivolgersi allo specialista dermatologo di un centro di riferimento,per ottenere le risposte specifiche per ogni singolo caso».E’ un vero e proprio appello quello che lancia Andrea Conti,dermatologo presso l’Azienda Universitaria Ospedaliera Policlinico di Modena,alle persone che soffrono di psoriasi.
Non è più il caso di sentirsi sfiduciate e di perdere le speranze di poter affrontare la malattia, perché oggi la scienza è in grado di rispondere anche ai bisogni più complessi. «E’ vero che fino a qualche tempo fa le armi a disposizione di chi curava la psoriasi erano poche e spesso complesse da utilizzare, ma oggi la scienza è riuscita ad arrivare a nuovi approcci terapeutici – continua Conti -. Per questo è fondamentale conoscere la malattia,evitare di chiudersi in sé stessi e quindi di andare incontro ad uno stigma che non ha ragione di essere e parlarne con lo specialista. Non bisogna infatti dimenticare che la psoriasi può essere associata ad altre malattie,a partire da quelle metaboliche per giungere fino a quelle cardiovascolari e articolari: per questo è una malattia complessa,che va affrontata e non sottovalutata. Fondamentale è l’approccio multidisciplinare che vede il dermatologo come protagonista di un lavoro di gruppo che ha per obiettivo offrire le giuste soluzioni per i problemi del singolo paziente».
Tecnicamente la psoriasi viene definita malattia infiammatoria cronica immunomediata. Ed è soprattutto sul termine cronico che occorre puntare l’attenzione. Se è vero che il quadro può avere risoluzioni pressoché complete anche per mesi,esiste sempre il rischio che le lesioni compaiano di nuovo. Sul fronte dei meccanismi che conducono alla malattia nelle sue varie forme,diverse anche per gravità e coinvolgimento di altri apparati oltre la pelle,oggi si sa che esistono alcuni fattori scatenanti da non sottovalutare. Conta sicuramente molto la predisposizione genetica,ma non bisogna sottovalutare gli aspetti ambientali e l’attività del sistema immunitario dell’organismo, che ovviamente entra in gioco nel determinare le lesioni.
L’importante è conoscere la malattia e non nascondersi. La psoriasi comporta spesso disagio,imbarazzo e frustrazione che si ripercuotono negativamente sull’autostima del paziente. Le condizioni generali di salute e la qualità della vita dei pazienti sono correlate alla gravità della malattia e delle sue manifestazioni. Quando le placche si manifestano in zone del corpo fortemente esposte,come volto,cuoio capelluto,unghie,allora la psoriasi pone notevoli problemi di vergogna e imbarazzo e di conseguenza ha un rilevante impatto sulla quotidianità e sulle relazioni interpersonali. Se le chiazze si localizzano in aree del corpo meno visibili il disagio è minore ma la malattia è ugualmente fastidiosa per la presenza di prurito o dolore. «Ciò che conta,alla fine,è che sia lo specialista a definire la gravità del quadro e le strategie per curarlo al meglio-conclude Conti-. Oggi disponiamo di nuovi approcci con farmaci innovativi che possono mandare in remissione stabile per lunghi periodi la patologia. E soprattutto disponiamo di soluzioni terapeutiche efficaci e sicure in grado di migliorare e addirittura prevenire la presenza di altri quadri,primo tra tutte l’artrite,che si possono correlare alla psoriasi».
Articolo a cura di Federico Mereta,tratto da “Il Resto del Carlino” del 27 Maggio 2018
Cure psoriasi: "stangata"
Quasi quintuplicato il ticket sulle cure a raggi ultravioletti contro la psoriasi. Motivo, un adeguamento alle tariffe ministeriali. Ma un paziente protesta.
«Stangata» sui ticket per le cure di fototerapia, in particolare per i trattamenti «Puva» contro la psoriasi. Lo denuncia un lettore, affetto dalla malattia, che per questo motivo deve annualmente ricorrere alle cure della Dermatologia dell’ospedale Maggiore di Parma.
«La terapia Puva è passata da 9,65 euro per sei trattamenti a 41,15 per otto trattamenti: un aumento troppo rilevante e senza preavviso», scrive il paziente, documentando il pagamento del ticket prima e dopo il rincaro.
«È vero, c’è stato un aumento considerevole dei costi, scattato da pochi mesi – conferma Claudio Feliciani, direttore della Dermatologia dell’ospedale Maggiore – È un adeguamento alle tariffe già praticate in altre Regioni. Il ticket precedente infatti non riusciva minimamente a coprire i costi delle prestazioni, considerando che abbiamo due apparecchiature molto costose, una a raggi Puva e l’altra a raggi Uvb, e che abbiamo un’infermiera dedicata per queste prestazioni ambulatoriali, oltre ad una specialista il cui contratto è purtroppo di recente scaduto e non è stato rinnovato».
La direzione sanitaria dell’ospedale chiarisce che la Regione ha recepito le indicazioni del decreto ministeriale del 12 gennaio 2017 (pubblicato nel marzo 2017 sulla Gazzetta Ufficiale) che stabilisce i nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) e la relativa compartecipazione alla spesa. Una «rettifica» dei costi, così viene definita, che fa schizzare il ticket per una singola seduta Puva, in tutte le strutture pubbliche dell’Emilia Romagna, da 1,60 euro a 9,65 euro. «Un aumento notevole, per questo l’abbiamo introdotto solo di recente, facendo sì che un ciclo medio di otto terapie avesse come tetto di spesa poco più di 40 euro», spiega Sergio Di Nuzzo, responsabile dal 2003 del Centro di fototerapia e fotobiologia del Maggiore.
Nel 2017 le richieste per terapie a luce ultravioletta al Maggiore sono state 3.924, per un totale di oltre 10 mila sedute. Non solo psoriasi: negli ambulatori della Dermatologia si trattano anche vitiligine, micosi fungoide, dermatite atopica e tutte le malattie infiammatorie cutanee.
«Assieme a Brescia, siamo rimasti uno dei maggiori centri del Nord», dice Di Nuzzo. E c’è un motivo: «Molti centri hanno abbandonato questi trattamenti perché non rientrano nelle spese», aggiunge Feliciani. E questo nonostante «si tratti di cure efficaci e meno dannose di altre per i malati», dice Di Nuzzo.
All’orizzonte ci sono poi nuove terapie, come i farmaci biologici immunosoppressori che agiscono contro molecole specifiche che attivano la malattia. Promettenti, ma che non risolvono il dilemma dei conti della sanità pubblica: un trattamento costa più di mille euro al mese.
Articolo a cura di Monica Tiezzi.
Fonte
C'è cibo e CIBO
Quali meccanismi si attivano quando ci alimentiamo e che conseguenze reali hanno sulla nostra salute?
E’ stato questo il tema del convegno “C’è cibo e Cibo” per scoprire come il cibo influenza la salute della pelle, con particolare riferimento alla #psoriasi.
L’incontro si è tenuto sabato 5 Maggio dalle 09:30 alle 13:30 in via Garibaldi 3, Bologna – presso la Sala Ordine dei Farmacisti.
Chiunque ha potuto partecipare.
Lo scorso anno, un team di ricercatori del Dipartimento di Dermatologia presso la facoltà di medicina dell’Università della California-San Francisco (UCSF), ha pubblicato i risultati di un sondaggio condotto su scala nazionale per verificare l’impatto delle scelte alimentari sulla psoriasi.
Più di 1,200 membri della National Psoriasis Foundation hanno risposto alle 61 domande del questionario, con risultati significativi e addirittura sorprendenti. I risultati del sondaggio restituiscono un’idea chiara di quali siano i regimi alimentari più seguiti dai pazienti, così come dei cibi che sembrano provocare un aumento dei loro sintomi dermatologici di psoriasi e quelli che li riducono.
Più della metà dei partecipanti al sondaggio hanno indicato che ridurre il consumo di alcol, glutine e solanacee – cibi appartenenti alla famiglia di vegetali che include i pomodori, le patate, le melanzane e i peperoni – ha portato ad un evidente miglioramento dei sintomi. Anche l’integrazione di olio di pesce, verdure e vitamina D si è dimostrata utile.
I partecipanti hanno inoltre indicato che diversi regimi alimentari si sono dimostrati particolarmente efficaci nell’alleviare i loro sintomi: la dieta Pagano (che si basa sul principio che la psoriasi sia causata da un accumulo di tossine, conosciuto anche come “permeabilità intestinale”), la dieta vegana, e la dieta Paleo. Anche le diete senza glutine, Mediterranea e vegetariana sono state identificate come benefiche dai partecipanti.
Il Dr. John Y.M. Koo, direttore della Psoriasis, Phototherapy and Skin Treatment Clinic presso l’Universita’ della California-San Francisco, e co-autore dello studio, ha notato che ciò che accomuna queste diete così diverse tra loro è che tutte portano alla perdita di peso.
“Anche se non ci sono ancora dati effettivi che dimostrano con certezza quale di questi regimi alimentari sia il più efficace per i pazienti affetti da psoriasi, si è riscontrato per tutti un beneficio comune: la perdita di peso”, afferma Koo. “Nella misura in cui la dieta vegana, Paleo o senza glutine aiutano le persone a perdere peso, vale la pena sperimentarle.”
Cosa significa questo per la vostra dieta
I dati estrapolati dal sondaggio non dimostrano nulla in senso stretto, dice Koo. Tuttavia, Koo ritiene che questi risultati siano significativi. “Visto che il sondaggio si basa su dati raccolti dalla vita reale – su ciò che funziona o meno per i pazienti – i risultati possono essere incoraggianti per i pazienti,” dice. “I pazienti possono decidere di eliminare uno degli alimenti che attivano la risposta infiammatoria presenti nella lista o seguire uno dei regimi alimentari più efficaci proposti nel sondaggio e monitorare la propria risposta fisica nel tempo.”
Per fare questo, i pazienti dovrebbero tenere un diario alimentare, procedere in modo convinto per tentativi, e “mantenere una mentalità aperta, tenendo presente che ciò che funziona per una persona, potrebbe non funzionare per un’altra,” spiega il Dr. Wilson Liao, autore principale dello studio. “Dovrebbero anche prendere in considerazione di rivolgersi ad un nutrizionista, oppure ad un medico con una buona conoscenza dell’alimentazione, per poter costruire un regime alimentare adeguato in base alle preferenze della persona e alla sua storia clinica.”
È ragionevole speculare che, dice Koo, i pazienti potrebbero anche rispondere in modo diverso a diverse strategie alimentari a seconda del sotto-tipo di psoriasi dal quale sono affetti. Riuscire ad individuare la combinazione giusta tra dieta e sotto-tipo di patologia è una delle sfide interessanti per le ricerche future.
“Idealmente, i dati raccolti attraverso questo sondaggio, potrebbero essere usati per sviluppare i rigorosi studi clinici di cui abbiamo bisogno per chiarire in modo esaustivo quale sia la relazione tra regime alimentare e psoriasi.”
Fonte: https://www.psoriasis.org/advance/national-survey-maps-influence-diet-psoriasis
10 Aprile 2018
Opuscolo informativo n°3
La Fondazione Natalino Corazza ha pubblicato il nuovo opuscolo informativo n° III.
Al suo interno trovi diversi articoli, tra cui i progressi nelle nostre ricerche e il nuovo progetto di sostegno psicologico rivolto ai pazienti: “Psopsiche”. Scarica l’opsucolo da qui: Opuscolo n°3